In questi giorni di ansie per il coronavirus, può essere utile chiarire qualche concetto sui principali disturbi psicologici legati alla paura delle malattie. Il coronavirus è naturalmente una malattia reale e non è il caso di sottovalutarlo, come purtroppo abbiamo fatto fino a qualche mese fa.
Tuttavia una vota riconosciuto il pericolo e messe in atto le precauzioni del caso (stiamocene a casa) dobbiamo gestire l’ansia con ragionevolezza.
I modi in cui l’ansia per la salute possono diventare patologici sono quelli dei disturbi di panico e dell’ansia per la salute. Sebbene si somiglino, questi disturbi mostrano delle differenze. Il panico è la paura della paura stessa.
Quindi più che una preoccupazione per la salute lo si può chiamare un timore che la propria paura per la propria salute vada fuori controllo fino, appunto, al panico. La persona quindi in qualche modo è consapevole che si tratta di reazioni emotive ma teme anche che queste reazioni emotive eccessive creino danni. La persona infatti teme che il panico porti alla pazzia oppure alla morte. Oppure no, la persona può temere il panico come catastrofe in sé, come condizione terrificante in sé. L’attenzione della persona con panico è quindi rivolta principalmente verso le proprie sensazioni, dalle quali la persona è terrorizzata.
Diverso il caso dell‘ansia per salute, denominata anche ipocondria. In questo caso la persona non teme le proprie sensazioni e le proprie emozioni.
Si tratta di un disturbo più freddo e cognitivo, se vogliamo. La persona cerca segnali di possibili malattie ma non le trova nelle proprie percezioni ma informandosi su internet, nei foglietti informativi dei farmaci, nei notiziati per la salute o semplicemente dentro di sé, nei propri ragionamenti. Inoltre l’ipocondriaco non ha paura delle proprie sensazioni e non teme che queste, crescendo parossisticamente, lo portino alla pazzia o alla morte, ma le analizza con maggiore distacco rispetto al paziente affetto da panico chiedendosi se siano indizio di una qualche malattia. Insomma l’ipocondriaco è, a suo modo, un appassionato di medicina. Le sue ansie nascono da un sapere naif ma concettuale e non percettivo come nel caso del panico, sapere che lo porta a indagare nel suo corpo sintomi di malattie o a richiedere spasmodicamente esami medici e visite. Egli non evita i luoghi e le sensazioni temute, come nel caso del panico, ma le cerca e si espone nella sua ricerca della verità senza temere gli spaventi momentanei che partono da sensazioni come avviene nel panico.
Nel caso del coronavirus potremmo avere entrambi gli scenari. Gli ipocondriaci potrebbero andare in ansia leggendo le notizie quotidiane sul virus, a cominciare dal bollettino pomeridiano della protezione civile. Appaiono alle varie trasmissioni e articoli pubblicati sul tema (compreso questo, purtroppo). Il panico invece parte dalle sensazioni interne a cominciare da un timore soggettivo di soffocamento o di febbre che li porterà a sopravvalutare qualunque segnale di affanno o di accaldamento o capogiro o qualunque brivido o tremore.
La paradossale conseguenze è che , qualunque sia la nostra ansia, che sia una ragionevole prudenza, una preoccupazione ipocondriaca o un panico, la raccomandazione rimarrà la stessa. Al momento non è il caso di precipitarsi in ospedale e nemmeno dal medico a chiedere controlli, visito o cure. Occorre stare a casa e richiedere soccorso solo se la situazione si facesse critica. Al momento non possiamo rischiare di intasare ulteriormente il sistema sanitario già sovraccarico.
È una situazione che paradossalmente ci insegna ancora una vota i limiti della mente. La capacita di pensare genera anche questa tendenza a rimuginare che è la caricatura del pensiero, l’incapacità di fermarsi dopo che è stato fatto il possibile il quale è, come tutte le umane cose, una soluzione solo parziale: il pericolo è stato valutato e in qualche modo ci si è protetti. Non perfettamente, non definitivamente ma in qualche modo si è fatto il possibile. Ma la mente non si accontenta, vuole la soluzione definitiva che elimina il pericolo. E nella ricerca di questa soluzione definitiva rischia di definitivamente ingabbiarsi nell’ipocondria o nel panico